Cosa ho visto, incontrato e annusato a Roma al Maker Faire

Non sto a spiegare che tipo di fiera è, a chi è rivolta e a cosa serve una fiera del genere, solo una cosa: è una roba diversa.

Già parti per Roma e questo è insolito, di solito le fiere ti spingono a Milano o più in su, andare a Roma ti sembra di avventurarti in qualcosa che ti avvicina al cinema, quello dei B movie alla Tarantino per intenderci, in senso positivo e a ben guardare, quei film erano fatti con lo stesso spirito dei makers, arrangiarsi a fare con quello che si ha, anche le idee, alla western Spaghetti, erano copiate, frullate , riproposte e quindi inevitabilmente portava a reinventare un nuovo genere che poi appunto verrà copiato perchè di culto.

Salito sul treno, ho appuntamento con Marco e dopo il riconoscimento ormonale, annusamenti festosi, aver mostrato con abbracci e strette di mano che siamo disarmati ci accomodiamo e di fronte a noi troviamo due meravigliosi esemplari di Makers e quindi si comincia coi ragionamenti alla maker appunto: condivisione, condivisione, condivisione, condivisione… dimenticavo free, open source, e tanti bei acronimi e link dot com, dot org, dot boh. Sgombriamo il tavolo da pregiudizi del tipo: ma si riesce a campare di questo? Ma tutto questo open non è che serve a qualcuno che sta dietro il sipario e ciuccia le idee, è da anni che mi sono inventato il Ciucciaweb, un mostriciattolo che si nutre alla mammella delle idee altrui e ne fa businnes, ma questo è pensar vecchio mi si dice, se ti limiti al tuo orto sei spacciato, se guardi al pianeta vedrai quante opportunità ci sono e quindi “dont worry”, striscia il bancomat di famiglia e vai avanti.

Essendo anche docente, voglio un gran bene ai ragazzi e sono partecipe del loro entusiasmo, diciamo che mi nutro del loro entusiasmo e quando non ce l’hanno cerco di metterla sullo scherzo e vedo che funziona:gli torna, quindi non critico assolutamente il loro atteggiamento, alla loro età ci sta e qualcuno mi ha detto che il gap generazionale è nella certezza, loro, di non trovare nessun lavoro presso altri , nessuno sponsor, nessun imprenditore, nessun padre eterno o sindacato, se non aiutarsi tra di loro, scambiandosi idee, software, disponibilità e lavoro, condivisione appunto.

Questo mi riempie di speranza, un po’ di tenerezza, e molta incazzatura verso il sistema ( come dicevamo noi che ormai abbiamo sessantanni) A proposito ho letto o sentito da qualche parte che quando i sessantenni si alleano con i venti/trentenni scoppiano le rivoluzioni…ocio! Vi abbraccio Makers, ci vediamo in giro per la fiera , grazie per i preziosi input e teniamoci in contatto.

Arrivati siamo! E iniziano i balletti degli ingressi e vari hackeraggi per entrare, taglio, diciamo che siamo dentro… meraviglia: orde ti ragazzini e scolaresche, alcuni con la pelle liscia altri con i brufoli ( è vero non tutti hanno i brufoli) e gli occhiali . forse forse non è dovuto neanche troppo dalle pratiche onaniste davanti al PC, forse la pornografia non è più così interessante alla loro età, l’hanno superata, gli hanno gia brasato la parte erotica, l’esercizio di fantasia del farsi le pippe, fantasticando dentro un armadio, non sanno nemmeno cosa sia.

Bene, ci aggiriamo nella completa anarchia organizzativa, dove siamo? qual’è lo stand? Chi c’è e soprattutto i bagni,di cui vediamo solo i cartelli che si auto rincorrono,dove sono? Si vede che è roba per giovani senza iniziali problemi alla prostata. Dopo un primo smarrimento diventa facile, e ti fai i tuoi riferimenti, tutto fila, vai a visitare gli amici che poi ti portano dai loro amici e così via e quindi Wasp, e poi sharebot e makeinbo e fabLab diversi e così via. Le immagini nel web raccontano meglio tutto questo, le storie e le invenzioni, i progetti in progress e lo scambio che proseguirà nei forum, nelle pagine dei blog

…. Strana metafora questa del Make Faire, fuori nelle tende, nella nomade instabilità ci sono i fablab, gli smanettoni, le scolaresche, le sperimentazioni la frammentazione il brodo primordiale, ma ecco che se entri all’interno, al coperto, nella stabilità delle pareti in muratura ,non a caso vieni nuovamente filtrato da guardiani in perfetta divisa scura e scarpe lucide con calzini corti da sbirro.( e spiegatemi perchè mi rifiltrate, visto che sono già dentro… o forse no, mi volevate dire che ero ancora nella mangiatoia, nel magma, nell’incubatoio?)

ok entriamo e troviamo quelli che ci provano a trasformare il trend in affari. Questo è normale e giusto, la lineare conseguenza: ho un’idea, la sviluppo, detengo un brevetto, tento di farne un’attività che mi farà vivere felice e realizzato.

Ma chi ti vedo? Dopo un limbo di piccoli e bravi imprenditori trovo dei grossissimi marchi che sono già nel mercato con prodotti attigui e quindi in grado di far piazza pulita ( solo se volessero) di tutto il resto. Torno al cinema: è un film già visto e che ho vissuto in prima persona: l’epopea dei personal computer, laddove inizialmente nascevano piccole realtà giovanili ( i makers degli anni 80) che dopo alcuni anni sono stati spazzati via dalle multinazionali e ora sappiamo chi c’è e si contano sulle dita di una mano.( approosito vi dice niente il nome Olivetti? E chi c’era a dirigere il traffico? Ce lo ritoviamo a dirigerlo anche qui, ma non vado oltre, a guidare sto molto attento alle rotonde)

Conclusioni? Si e molto positive per quello che riguarda il mondo makers, e anche la fiera ,che mi è piaciuta sia nel campo nomade che nel castello, ma qui non si può parlare di fiera, né di stand o murature, qui si parla di chiesa e la chiesa non è fatta dai muri, ma dai fedeli.

Amen

Giorgio Gurioli